25
Ott

Hallo, c’è qualcuno?

Di Pietro Casula.

La politica si rifiuta di decidere e teme anche i dibattiti sull’economia che non cresce.

Gli annunci sono all’ordine del giorno: i Boss dell’industria chimica chiedono, insistono che bisogna parlare di Fracking e argomentano che senza gas metano locale la crisi energetica non si può superare e che l’uso della chimica intanto non è tossico e biodegradabile. Anche l’industria siderurgica, ridotta all’osso, prega in ginocchio davanti al Ministero dell’industria: Non rovinateci del tutto con la vostra politica restrittiva di commercio con il CO2.

Parlatene, discutetene con noi.

La vicenda appassiona sempre più. Finora vigeva una chiara divisione dei compiti: L’economia sviluppava nuovi concetti e tecnologie e la politica lottava in dibattiti pubblici per guadagnarsi le necessarie linee guida. Negli ultimi tempi, però, la politica si mantiene dietro le quinte, discreta e sensibile. Ogni decisione, in questa o in quella direzione, potrebbe creare disordini politici, fermenti sociali e religiosi.

Si è optato per il ”non decidere“ quale male minore.
Chi vuole solo il consenso, chi vuole solo vincere elezioni ci pensa due volte prima di affrontare importanti progetti economici; sa che tra l’essere idolatrato, amato da tutti ed essere preso a pesci in faccia“ il passo è breve per cui invece di inserire nella sua agenda grandi progetti per l’infrastruttura che, però, potrebbero provocare controversia, incitare alla resistenza, si lascia andare al dolce far niente…il nostro è un cosi bel Paese…

Adesso reagisce l’economia. Invita a guardare la realtà, argomenta: l’Italia non cresce, i costi di questo moloc della PA alle stelle, la vertenza polo industriale Sardegna, sprechi delle regioni, dis-occupazione giovanile, formazione. Implora quasi, parliamone, discutiamo seriamente di queste cose! Ma chi parla, discute con lei?

La politica preferisce seguire l’onda del desiderio popolare. Non si sperano soluzioni ma si cercano sempre nuove obiezioni in sostituzione delle precedenti e tira a campà.

L’empatia è una bella cosa ma non sostituisce lo scambio delle opinioni, il dialogo razionale. E quando la politica reagisce solo ai bruschi cambiamenti d’umore dell’opinione pubblica ed agli indici di gradimento, alla fine, barcolla la fiducia, la credibilità nella stessa democrazia.

Ecco perchè gli altri, il resto d’Europa non si fida di noi. Certamente alcune ragioni hanno date storiche, come le guerre fatte a metà, gli impegni non sempre rispettati, la giungla burocratica, la democrazia clientelare, il peso della criminalità organizzata sulla vita politica e sociale. Altre sono più recenti ma non meno importanti.

La rapidità, per esempio, con cui i governi Monti e Letta sono stati allontanati, o meglio, cacciati dal sistema politico – nonostante entusiasticamente accolto il primo e le grandi simpatie e comprensione che godeva l’altro – ha trasformato il credito iniziale in un nuovo pessimismo e una più evidente e sostanziale sfiducia.

La tanto osannata spending review che doveva segnare l’inizio di una incisiva razionalizzazione dell’intera PA ha partorito una covata di topolini spaventati.

Gli italiani hanno capito e sono consapevoli della necessità di un cambio, ma il nostro sistema politico, a differenza dei maggiori partners europei, ritarda le riforme, i cambiamenti con una mostruosa valanga di emendamenti o finisce per annegarli in un diluvio di norme insufficienti e contradditorie. Il nostro Matteo Renzi ha acceso qualche nuova speranza,vero, ma questo suo saltellare da un annuncio all’altro, alla continua ricerca di nuovi obiettivi, comincia a creare diffidenza e scetticismo non solo all’interno della sua stessa maggioranza ma anche negli ambienti che lo avevano salutato come il Tony Blair italiano.

Ma non si cresce nel mondo di oggi senza la fiducia dei mercati internazionali e non si cresce senza i capitali degli investitori stranieri. Il Governo deve riuscire a sconfiggere quei partiti della controriforma che sono davvero troppi e sono quelli che comandano davvero, se vuole creare fiducia.

Una classe politica che mette fuori gioco – per usare il linguaggio sportivo tanto caro al nostro Premier – importanti progetti solo perchè non sono accompagnati da un immediato consenso dell’opinione pubblica, si svaluta e si spodesta da sola.

Hallo, c’è qualcuno che ci sente?
Pietro Casula
Presidente Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo

Neuss, 20.10.2014

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