29
Set

Politica povera, povera Politica!

Attenuare, sminuire i problemi parlandone in continuazione è decisamente anche un’arte. L’abilità e la disinvoltura con cui il presidente Solinas riesce a circumnavigare processi difficili come sanità, lavoro, giovani, formazione, territorio, transizione energetica e le recenti indagini del pm di Cagliari riguardo le sue operazioni immobiliari, è certamente una qualità a se stante che lo porterà sicuramente ancora più in alto.

 Ma, intanto, il presidente Solinas deve sopportare le accuse che il „motore“ Regione Sardegna , a oltre due anni dal suo insediamento, non funziona. Ma non provate a farglielo notare; vi risponderà che in realtà è proprio durante il suo mandato che la nostra isola ha finalmente compiuto un giro di boa verso un assestamento e ripresa sotto tutti i punti di vista.

Il fatto che temi „caldi“ come sanità, sviluppo territoriale, giovani e lavoro continuino ad avere una tendenza negativa che – sembra – non si possono o riescano o vogliono arginare è semplicemente spaventoso e vergognoso.

Per quanto riguarda i giovani non occupati e non in istruzione e formazione ( Neet) i dati Eurostat del 2020 sono una tegola pesante: 23,3%. Fanalino di coda di tutta l’EU che ci vede relegati all’ultimo posto dietro alla Grecia, Bulgaria, Romania e Croazia.

Una condizione di disagio e di esclusione che priva i giovani di una possibilità di futuro senza paure. Perché proprio i lavoro è il punto d’incontro tra paura e speranza di un futuro migliore, non averlo è decisamente un indicatore di una qualità di vita del tutto insufficiente.

Certo, l’emergenza Corona-virus ha complicato ulteriormente la situazione evidenziando le differenze tra gli abbienti e i più fragili, in particolare per quelli provenienti da condizioni familiari disagiate. Considerando la tendenza alla sparizione della cosiddetta classe media verso un complessivo allargamento della povertà, un continuo invecchiamento della popolazione e l’inadeguatezza di un sistema che sembra non voler vedere la realtà, la situazione non è certamente idilliaca.

 La dispersione scolastica, poi, ha reso acuta la spirale corrosiva e non parliamo della disfunzionalità  del reddito di cittadinanza  che unitamente ad un sussidio (forse) positivo ha convogliato il  messaggio altamente pericoloso e rovinoso che si può sopravvivere pagati per non lavorare.

Non generalizziamo ovviamente; il reddito di cittadinanza ha permesso – nella fase pandemica –  a molti di andare comunque avanti nonostante le difficoltà, ma è chiaro che, nel momento in cui una manovra che vuole rilanciare il lavoro diviene uno strumento di sussistenza, sorge un problema. Nessun salario minimo, sfruttamento sopra ogni livello di tolleranza, nessun organismo di controllo o di aiuto per chi vede il lavoro come dignità. Questa è la fotografia del momento, questa è la situazione.

Giovani intrappolati in una rigida condizione di disoccupazione a rischio di irreversibilità e da qui il blocco delle scelte di transizione all’età adulta, mettere cioè su famiglia. casa, carriera, rischiando di invecchiare senza un progetto di vita. Senza considerare altre conseguenze come minori entrate fiscali, maggiori costi per le prestazioni sociali, lo scadimento di abilità e competenze consolidate.

Un male, questo, che esige un rimedio immediato e che invece non riceve sufficiente attenzione dalla politica, troppo incurante di una generazione che non viene a chiedere aiuto perché ha perso la fiducia in un sistema che non ascolta ma detta i tempi e modi per potersi arroccare su se stesso, mantenendo calde le poltrone tanto care a chi, forse, vedeva la politica come una sistemazione, un traguardo personale senza alcuna finalità etica e morale nei confronti cosa pubblica.

Una realtà che alimenta una sensazione di frustrazione, con disaffezione per il contesto sociale.

Che fare allora?

Intervenire, per esempio, con una serie di azioni  mirate al fine di migliorare le capacità di un territorio di fare sistema, mettere in campo politiche attive che offrano impiego, oppure azioni per aumentare il grado di conoscenza e informazione sulle condizioni lavorative dei giovani, o creare bacini/spazi di partecipazione dove far emergere talenti. E ancora: interventi in formazione e servizi che indirizzino le persone verso nuove professioni particolarmente stimolanti, valide, motivanti.

Iniziative quindi per togliere i giovani da situazioni drammatiche, perché un Paese, una Regione che non investe nei giovani  non ha futuro.

In una Regione come la nostra che ha pochi giovani e che invecchia velocemente non possiamo permettere di spingere questa generazione verso una sicura esclusione sociale. Un Neet a quarant’anni  è una persona ai margini, con un costo e un danno civile imperdonabile.

Non bisogna aspettare cosa ci porta il futuro, per quanto possibile bisogna anticiparlo. E per farlo ci vuole una visione, un progetto, un programma. Ci vuole coraggio e una sana Politica, senza mai dimenticare chi siamo veramente.

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