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QUELLO CHE BISOGNA FARE (E CHE NESSUNO HA IL CORAGGIO DI FARE) – di Pietro Casula

Comunicato stampa fornito all’AISE – Link AISE: CLICCA QUI.


Lunedì 30 Aprile 2012 16:42

NEUSS\ aise\ – La scorsa settimana il premier Monti ha detto: “Gli italiani stanno dando prova di maturità e responsabilità”. Giusto! E adesso il popolo si aspetta che la classe dirigente, i suoi rappresentanti politici facciano lo stesso. Al momento, però, non vedo segnali positivi in questa direzione.

Mi chiedo: la politica, i partiti sono i grado di sentire gli scenari del Paese già duramente colpito dalla crisi e profondamente deluso dai “ladri al potere” dal nord al sud? Teoricamente sì, hanno capito che la rappresentanza democratica attraversa una profonda crisi, che solo una piccola minoranza affiderebbe loro incondizionatamente le sorti del Paese, che la partecipazione al voto è in preoccupante calo, il disgusto dei militanti in continuo fermento, che si effettivamente bisogna cambiare. Rapidamente, profondamente.

E il modo per farlo è davvero molto semplice; basta mantenere le promesse. Come per esempio sui tagli della spesa pubblica, sulla riforma del lavoro, in modo da disinnescare questa frustrazione conseguente alle tante, ripetute delusioni. Realtà di una profonda depressione che rischia di trasformarsi in rabbia violenta e incontrollata e che comunque alimenta tendenze populistiche e contro il sistema.

Teoricamente, dicevo, tutto questo i partiti al governo lo hanno capito. Praticamente, però, dimostrano di ignorare completamente gli umori del Paese. Ne è riprova, per esempio, l’affermazione in TV dell’onorevole Rosy Bindi: “A una macchina in corsa puoi chiedere di rallentare, non di fermarsi e se non arriva almeno una trancia dei rimborsi previsti, si rischia di non arrivare alla campagna elettorale”. Sconcertante stupore.

E che dire dei leader dei principali partiti quando affermano che un taglio ai finanziamenti sarebbe “un errore drammatico”?! Questa non è solo una mancanza di tatto, ma anche palese deficit del senso dei limiti e delle misure.

Gli italiani sono, forse, disposti (non so fino a quando ancora) a tollerare anche l’intollerabile e cioè che il finanziamento ai partiti, nonostante cancellato dal referendum nel 1993, sia stato ripristinato sotto l’etichetta di “rimborso” elettorale. Ma che questi rimborsi siano quattro volte superiori alle spese sostenute, gli italiani non lo accettano certamente, come non accettano che tra queste spese siano annoverati hotel di lusso, voli privati e fondazioni varie. Gli italiani, semplicemente, non sopportano di essere presi per i fondelli.

È populista ricordare al presidente del Consiglio l’angoscia delle famiglie costrette in condizioni di continuo, avvilente disagio, impaurite per l’esplosione dei costi e per il lavoro che non c’è? È populista ricordare che non sopportano più le monotone – e ormai fastidiose – lamentele di questa classe politica che non vuole rinunciare a niente? I partiti rinsaviscano.

La sola idea di finanziamento dei partiti – camuffato da rimborso – è diventata inaccettabile per il popolo dei contribuenti che – volens nolens – sono soggetti ad una altissima pressione fiscale. Bisogna correre ai ripari, perché quando si manifesta un tale disagio, l’ultima cosa che può fare un politico è girare la testa dall’altra parte. Deve rassicurare la nazione, deve trasmettere la necessità di quel cambio di passo di cui il Paese ha bisogno.

Non è certamente con continui insabbiamenti, tatticismi o presentando nuove sigle o alleanze politiche – con sempre gli stessi politici bolliti e ribolliti – che si conquista il discredito che pesa sulla classe politica nostrana.

In un momento in cui si devono fare riforme “lacrime e sangue”, i nostri politici non possono ignorare i problemi e pensare solo alla difesa dei particolari interessi della casta e alla loro sopravvivenza politica. L’obiettivo dei nostri politici – ormai è chiaro a tutti – non è garantire al Paese una corretta gestione, ma non disperdere i consensi con decisioni rigorose e necessarie che potrebbero irritare l’elettorato e quindi conseguente esclusione dal potere. Questa mancanza di coraggio dei nostri politici, questo indecisionismo, questa viltà generalizzata ha contagiato, pare, anche l’esecutivo dei tecnici.

Occorre un impegno serio per estirpare il marcio che si è creato nei partiti e ritrovare slancio, ideali, moralità e nuova capacità propositiva.

Occorre veramente una rivoluzione per rinunciare ai soldi pubblici, varare una nuova legge elettorale che rimetta in mano ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti? Basterebbero, ne sono certo, un ritrovato senso di responsabilità e un po’ di buon senso.

Al governo tecnico Monti, nato per incapacità di governo dei nostri politici, litigiosi, chiassosi e inconcludenti, non c’è per adesso alcuna alternativa. Aveva promesso rigore, equità, crescita e sviluppo. Abbiamo visto, fino ad oggi, solo rigore.

I partiti, la politica devono rinnovarsi profondamente e fare il loro dovere nel sostenere i tecnici nel cercare concrete soluzioni ai problemi che opprimono il Paese e collaborare per raggiungere gli obiettivi previsti. La scadenza è già fissata: le elezioni nel 2013 sono prossime. Ne vedremo delle belle. (pietro casula*\aise)

* Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo

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