17
Giu

Un dialogo a 3…

Ho ascoltato con interesse tante belle parole, formule e tanti buoni propositi, ma anche un filone di incongruità nelle dichiarazioni dei rappresentanti delle tre forze politiche.

Ascolto, sereno e interessato, la dichiarazione iniziale: “…siamo tutti da sempre impegnati per l’affermazione di un indipendentismo moderno e aperto al mondo, progressista, internazionalista, euromediterraneo e antirazzista. Le nostre organizzazioni nascono per offrire alle sarde e ai sardi di Sardegna e de su sterru, un’opzione politica determinata e credibile, libera dal cono d’ombra autonomistico, che lavora per la creazione della Repubblica di Sardegna, attraverso l’impegno quotidiano, il radicamento territoriale, le proposte politiche, il disinteresse personale, la moralità e la trasparenza collettiva”. E sin qui,anche se con qualche sussulto, ci sta e seguo. Resto sorpreso, un pochino, dalle parole di Sollai – segretario e quindi leader di ProgReS — quando dice:”..Oggi non sappiamo dove ci porterà questa elaborazione, ma il nostro obiettivo è quello di dare forma a una comunità politica dove si confronteranno donne e uomini e non una leadership, ideali e non ideologie, nella ferma convinzione che il processo di affermazione della sovranità dei Sardi non accetta compromessi con chi non riconosce incondizionatamente il diritto dei sardi all’autodeterminazione e all’indipendenza.”

Sussulto un attimino, sorpreso, dicevo, da queste dichiarazioni. Che io sappia elaborazione significa dare forma ad un determinato contenuto tramite un accurato procedimento di analisi, raccolta e distribuzione di dati inerenti il progetto stesso e se Sollai non sa dove porta o porterà
questa collaborazione e – segue affermando – che questo processo di sovranità dei sardi non accetta compromessi con chi non riconosce incondizionatamente il diritto dei sardi all’autodeterminazione e all’indipendenza , beh questo statement mi sorprende un pó, mi lascia interdetto. Ho sempre pensato che accordi per raggiungere risultati di interesse pubblico, l’arte del compromesso fosse un modo democratico in politica; non è che qui siamo nuovamente al metodo ” Chentu concas, chentu berrittas?”

Devo dire che l’idea di indipendenza non mi spaventa per niente. Ci mancherebbe. Da sardo duro e puro, il mio traguardo, il mio orizzonte è proprio quello. Penso, però, che questa volontà di autogoverno debba passare, fondamentalmente, dalla creazione di un’ampia alleanza in più settori della società sarda, attraverso il dialogo, attraverso un processo di apertura e fermezza, non di chiusura e nessun compromesso. La volontà di autogoverno e di governare bene nell’interesse e del benessere del popolo sardo, del rispetto ecologico, economico e sociale, è quindi, il passo iniziale. Serve, decisamente, un’operazione culturale e formativa per liberarsi da questa condizione, da questo status che limita in primis il processo democratico di autodeterminazione.

Considerando i fallimenti delle formazioni politiche che nei decenni passati si sono alternati al governo della nostra Isola, sono convinto che oggi esistono reali condizioni per intraprendere un percorso nuovo che porti alla formazione di una consapevolezza, di una coscienza che porti a mirare – con fiducia e senza timore – alla autodeterminazione del popolo sardo , di fatto. Il compito di noi tutti è creare le condizioni che rendano i sardi consapevoli e fiduciosi, senza spavento e terrore al pensiero di questo obiettivo. E per poter davvero avere le gambe per camminare e muoversi nell’ambito di un patto europeo e mediterraneo, è necessario stringere partnership internazionali, incentrate sulla fratellanza tra popoli, tutela e valorizzazione ambientale, della sua storia e cultura millenaria, è di fondamentale importanza che la Sardegna sia in grado di formare competenze e professionalità in grado di rappresentarci autorevolmente nel mondo.

Credo veramente che si sia aperta una fase, una stagione stimolante di confronti e coinvolgimento di diversi settori della società che sentono di poter tornare ad essere protagonisti.
Serve prepararsi, quindi, se vogliamo ottenere un cambio di registro nei rapporti con lo Stato italiano. Serve prepararsi, necessariamente, al conflitto istituzionale. L’autonomia sarda, il nostro Statuto di rango costituzionale è l’incompiuta più grande di questo mondo, lo strumento meno applicato, quasi dimenticato. Avere piena coscienza dei nostri diritti significa documentarsi, significa fare un’operazione culturale che favorisca la condivisione e la mobilitazione della gran parte del popolo sardo per far conoscere e farci valere in tutte le sedi e con ogni metodo che la legge mette a disposizione. E se non saremo in grado di coinvolgere il popolo – risvegliando gli ideali, ancor prima delle convenienze economiche – ebbene allora tutte queste idee, programmi resteranno solamente parole, parole, parole.

Pietro Casula

This post has no comments. Be the first to leave one!

Lascia un commento