21
Lug

La fine di una Illusione

Alla fine è andata come da copione: una donna nata a Ixelles/Bruxelles, una donna il cui padre Ernst Albrecht – ex Presidente dei Ministri della Bassa Sassonia – ha raccontato come dalle macerie della guerra mondiale sia nata una pacifica Europa.

Una donna forte, intelligente, preparata; una carriera politica invidiabile ( ultimamente Ministro della Difesa tedesca ).
Questa donna , Ursula von der Leyen, viene eletta Presidente della Commissione Europea. Per la prima volta una donna a Bruxelles guida la centrale europea del potere. Il 16 Luglio 2019 una data storica che sarà scolpita nella memoria politica della Repubblica Federale tedesca.

Ma nonostante l’ondata euforica che ha travolto alcuni qualche motivo per lamentarsi c’è , eccome.

In democrazia non conta solo il risultato, il processo deve essere comprensibile, trasparente, legittimo. Un risultato accettabile non può giustificare una procedura viziata/scorretta. A due mesi dalle elezioni europee dobbiamo constatare che la gioia, registrata nella sera delle elezioni per l’alta affluenza al voto, si è trasformata in amara tristezza, delusione. Chi aveva sperato in rinnovo, in una epoca di grandi cambiamenti è deluso.

Il prestigio, la reputazione della democrazia europea ha subito un considerevole danno. Se vogliamo questo ha anche qualcosa di positivo: nell’Unione Europea delusa è arrivata letteralmente la fine di una illusione.
È un po come la mattina dopo una sbornia tremenda, l’ebbrezza che si prova, quello stato tra esaltazione e stordimento che ti provoca un piacere molto intenso. Quando ti rendi conto che il mondo non è poi cosi semplice, tranquillo e sereno. Anzi vibra in continuazione ed è anche complicato.

Questa ebbrezza, nella EU ha perseverato per cinque anni buoni.
Il conservatore Jean-Claude Junker e il socialdemocratico Martin Schulz sono usciti vittoriosi dalle elezioni europee nel 2014. Ci si accordò rapidamente: Junker alla guida della Commissione, Schulz alla guida del Parlamento. Sembrava l’inizio di una nuova era , una EU decisa, chiara, programmatica, più democratica. Ebbene, nel Luglio 2019 apprendiamo tutti che questa nuova era non esiste.

Le pretese, le esigenze sulla democrazia europea sono la realtà degli ultimi cinque anni. Mentre per una parte della popolazione agli inizi del 2019 era assolutamente impensabile che una persona non candidata potesse diventare presidente della Commissione europea, i contratti europei erano sempre gli stessi.

Non prevedevano il principio che aveva funzionato nel 2014.

Ora il processo di selezione di Ursula von der Leyen può piacere o no ed essere considerato una ricaduta nei tempi pre-democratici, oppure come ritorno alla normalità. Il danno permane in tanti europei convinti che ora temono tempi pre-democratici. La loro speranza che dopo il 2014 le cose sarebbero cambiate in meglio, ossia più trasparenti e democratiche non erano campate in aria. Questa speranza è stata alimentata da tanti politici -di qualsivoglia colore ed appartenenza- quando suggerivano che al principio candidato-capolista non c’era alternativa. E lo hanno ribadito e pontificato cosi tanto che persino i socialdemocratici e i verdi sono rimasti delusi quando tutte le speranze sono state distrutte. Ursula von der Leyen, il futuro presidente della Commissione, ha promesso che molte cose si trasformeranno in meglio.

Si è certo resa conto del danno fatto e questo è già un buon segno. Per questo von der Leyen, nel suo discorso al Parlamento, ha promesso di salvare il principio del candidato-capolista ( più che salvare direi che dovrebbe installare questo principio!). Inoltre ha anche promesso al Parlamento europeo un diritto di iniziativa legislativa per proposta di legge.

Progetti, intenzioni certamente auspicabili ma non sufficienti. I partiti, inoltre, dovrebbero competere in tutta Europa con le stesse liste , in modo tale che sia in Polonia che in Italia o in Grecia sia possibile votare il comune candidato-capolista. E questo, penso, potrebbe aiutare a creare un vero „ siamo europei“, una vera comunità europea. L’elezione non sarebbe, quindi, la somma di 28 elezioni nazionali, pensi una vera e propria elezione europea.

Ma attenzione , si rischia di sognare ad occhi aperti. Quanto promesso da von der Leyen non è per niente realistico, dato che quale presidente della Commissione non ha molto „potere creativo“, chiamiamolo cosi. Ancora, infatti, è il Consiglio – ossia i capi di Stato e i capi di Governo europei – l’organo di guida politica in Europa.

Inoltre l’Europa attualmente è cosi divisa che avviare un processo di cambiamento dei contratti che riguardano temi cosi delicati, sembra alquanto improbabile.
La via più semplice e concreta sarebbe se il Parlamento europeo aprisse gli occhi alla realtà. Non è stato in grado di raggiunger una maggioranza per il candidato-capolista che ha vinto le elezioni, ha omesso di opporsi alla proposta del Consiglio con una propria preferenza. Deve riconquistare credibilità, fiducia in se stesso.

L’elezione di Ursula von der Leyen possiamo considerala un chiaro atto di autolesionismo che ha fermato il suo volo europeo.

Vogliamo sperare che impari di nuovo a volare.

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