17
Nov

La Campagna Elettorale

Prima che la campagna elettorale diventi davvero sporca: se ci dividiamo mettiamo in pericolo il nostro futuro.

Non è un caso che una campagna elettorale si chiami campagna: ha un che di operazioni belliche, riconducibili ad una certo apporto strategico, concetti di competizione, di futuro potere, ma soprattutto di vittoria o sconfitta, il tutto sulle spalle del popolo.

L’acceso dibattito mette a dura prova i leader politici e le loro posizioni.

La forte polarizzazione, però, non deve portare gli oppositori politici a diventare nemici a cui viene negato ogni diritto di esistenza, non fisica, ma di avere eventualmente un’idea, una proposta migliore della propria.

 E questo vale anche per gli elettori: ho ricevuto una mail da un conoscente – con preghiere di farla girare –  in cui descrive la candidatura di un ex (presidente) come puro orrore.

Indipendentemente dalla mia opinione personale sul soggetto, difficilmente potrò discutere di politica con questo conoscente perché il suo pensiero è così saturo di uno schema amico-nemico, del tutto assurdo, che cozza terribilmente con il concetto stesso di bene comune e di politica come linguaggio e mezzo per ottenerlo, o provare quantomeno ad avvicinarsi.

Questo è il pericolo di una sporca campagna elettorale: che i sostenitori dei diversi schieramenti non si ritrovino per discutere e confrontarsi, ma per tifare e accelerare ulteriormente la divisione sociale.

 Sarebbe devastante considerando i tanti e importanti problemi che affrontiamo non solo come sardi di questa o quella appartenenza politica, ma come popolo nel suo insieme.

I problemi che figurano nella To-do-List del qualsivoglia nuovo governo sono davvero grossi: cultura, sanità, energie rinnovabili, lavoro,  digitalizzazione per citarne alcune.

Le figure chiamate a frenare questo sfacelo dovranno essere competenti, lungimiranti e dovranno mantenere la cosiddetta barra a dritta sull’obiettivo del benessere dell’intera Sardegna e di chi quest’isola la vive ogni giorno con grande forza e coraggio.

Combattersi a vicenda o accettare l’imposizione dall’alto, non solo non rende loro più giustizia, ma mette anche in pericolo il nostro futuro.

Che in Sardegna sia necessario un cambio di rotta decisivo lo sappiamo e lo diciamo da molti anni.

La mediocrità, la perdita della stima, della reputazione della nostra classe politica, complicano una situazione già inasprita da una crisi ormai strutturale.

Se riflettiamo un momento al susseguirsi delle giunte regionali degli ultimi vent’anni non è difficile accertare come di volta in volta si sia pensato di aver toccato il fondo per poi rendersi conto – al giro successivo – di essere stati sin troppo ottimisti.

Oggi ci ritroviamo una giunta “sardista a trazione leghista” che definirla imbarazzante è già un complimento. Una congrega di figuri  mediocri, caratterizzati da spiccata tendenza a perseguire i propri scopi ed una assoluta mancanza di scrupoli.

 La subalternità e cialtroneria elevata ad “aurea mediocrità” quale regola dell’amministrazione pubblica.

La politica deve cambiare passo: siamo in una situazione di emergenza tale che i giochi di partito, di potere o gli orgogli personali non devono contare più.

I Sardi non possono essere costretti a votare il meno peggio, devono avere a che fare con rappresentanti validi, competenti e in grado di comunicare con chiarezza.

 Significa liberarsi di zavorre dogmatiche, escludere pratiche autoritarie e centralizzanti quale contrapposizione strategica – sia nel metodo che nei contenuti – della politica attuale.

Le tattiche pre elettorali messe in campo dalla politica sarda sono distanti anni luce da questo nostro approccio e questo è chiaro a tutti. Bisogna fare un bagno di realtà e avere coscienza profonda sulle necessità della Sardegna contemporanea e attuale.

Anche se per alcuni è strano, è così che dovrebbe funzionare: persone adulte, responsabili discutono tra loro nel tentativo di trovare le soluzioni migliori ai dei problemi.  

Bisogna quindi far cambiare passo alla politica sarda.

Altre strade percorribili per venire fuori dal disastro in corso, francamente non ne vedo.

Pietro CasulaPresidente Movimento per la Sardegna “Sardi nel Mondo”

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