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LA RIVOLTA DEI PARLAMENTARI – di Pietro Casula

Comunicato stampa fornito all’AISE – Link AISE: CLICCA QUI.


Giovedì 15 Dicembre 2011 13:29

NEUSS\ aise\ – La decisione del governo di prevedere nella manovra un articolo che impegna i parlamentari a dare una sforbiciata alle loro indennità entro il 13 dicembre, portandole in linea con la media europea, ha scatenato la rivoluzione parlamentare. Da destra a sinistra tutti contro il governo.

“Non si può fare, è un’ingerenza del governo”, questo in coro. “Su questa materia c’è competenza esclusiva delle Camere. La decisione spetta a noi”.

L’ex presidente della Camera Fini guida la rivolta dei parlamentari e definisce la decisione del governo “inopportuna e scritta male, perché non è possibile intervenire in materia di competenza esclusiva delle Camere”.

In linea di principio ha ragione solo che le sue parole, in un momento di crisi come questo in cui tutti sono costretti a stringere la cinghia, hanno provocato un vero terremoto di proteste e imprecazioni irripetibili. Il boato è arrivato fin qui in Germania.

Fini è a Cagliari quando, quasi in veste di sindacalista della casta, difende i privilegi di chi sa solo pretendere e dice che nel decreto c’è un piccolo errore. Hoppla! Una questione costituzionale. Il governo non può decidere di tagliare gli stipendi di onorevoli e senatori. Non è sua competenza. Solo i parlamentari possono decidere cosa fare del proprio portafoglio.

Non vogliamo certo offendere, egregio onorevole Fini, però neanche essere presi per i fondelli.

Cerchiamo di essere chiari: quando un Parlamento con la sua manovra chiede lacrime e sangue ai cittadini deve – penso – quanto meno adottare la stessa misura verso se stesso. E invece no! Gli stessi parlamentari che si apprestano a votare una manovra triennale che porterà de facto le nostre tasse al 45% del reddito non hanno alcuna intenzione di dare una sforbiciata ai propri stipendi.

Se è vero, come è vero, che l’Italia rischia il default e quindi i cittadini, con la mole di tasse che dovranno pare, diventeranno più poveri, non è assolutamente tollerabile tale ipocrisia dei propri rappresentanti. Insomma il senso della questione è chiaro. Noi tutti pagheremo e molto caro: tasse e tagli retroattivi, accise sulla benzina, doppia imposizione sui risparmi (più che tassati già in origine) e imposte sulla casa che sanno di incostituzionalità in quanto, praticamente, ti privano del diritto di proprietà.

Così facendo i nostri onorati, onorevoli parlamentari alimentano ancora di più il mostro dell’antipolitica. Se non amano la decisione del governo, anche se dal punto di vista formale hanno certamente ragione, decidano loro di quanto autoridursi le indennità. Ma lo facciano e basta. Senza tergiversare a lungo. Questa storiella del taglio degli stipendi e del taglio dei costi della politica va avanti ormai da una vita, senza mai tagliare nulla perché ogni volta spunta un cavillo che manda tutto all’aria.

Stavolta è lo strappo costituzionale del governo Monti. Ormai non ci si meraviglia più di nulla. Cerchiamo di intenderci. Certe decisioni non si prendono per decreto, lamentano Fini & Co? Bene. Allora il Parlamento sovrano approvi una legge per ridurre gli stipendi della casta. La Costituzione è così rispettata e gli italiani non si sentono presi per i fondelli. Basta veramente poco, bisogna solamente farlo. Non si può gridare “viva Monti” e poi fare ostruzionismo non appena il professore tocca il loro portafoglio.

Non vogliono capire che la difesa dei loro privilegi è inaccettabile e che ribellandosi ai tagli alle loro indennità cresce lo sdegno del Paese. Così facendo il rischio che si corre è di un maggiore scollamento tra popolo/cittadini e i suoi rappresentanti, che l’antipolitica e il qualunquismo non si fermino e che l’opinione pubblica pensi che il governo dei tecnici sia la sola salvezza del nostro Paese. Questo sarebbe un enorme passo indietro, il vero default italiano. Dio ce ne scampi. (pietro casula*\aise)

* presidente Movimento per la Sardegna – Sardi nel mondo

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